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Friuli zinco e piombo

 

 

pubblicazione di Miniere d'Oro(2003) web.tiscali.it/minieredoro(2004) www.minieredoro(2006 / 2023)

 

 

 

Estratto di un articolo scritto da Ettore Mo ed apparso sul Corriere della Sera in data 27 febbraio 1994

 
 

cave del predil un articolo pubblicatoCave del Predil (Udine) è un paese derelitto che non si è mai ripreso dalla mazzata che gli è stata inferta nel 1991, quando gli venne richiesto di chiudere la millenaria miniera di Raibl (zinco e piombo) che dava da mangiare a 138 minatori. Nel bar centrale, invece delle belle e tuttavia quasi sempre melanconiche canzoni friulane, s'intona il coro delle lagnanze e dei rimpianti: rimpianto per un paese che fino a pochi anni fa, come dice il minatore pensionato Ed Pohar, "era vivo e c'era il pane". <<Adesso - prosegue - non si ha più voglia di sorridere né di cantare. Siamo una comunità di disoccupati e i giovani vanno altrove a cercar lavoro. La miniera è inattiva, ma non è stata ancora chiusa definitivamente, perché pare non abbiano ancora trovato chi firmi l'autorizzazione per l'allagamento. Nelle sue viscere sono rimasti dai quattro ai cinque milioni di tonnellate di Zinco, ma adesso importiamo il materiale dal Sud America. Mi ricorda quando importavamo sangue dalla Germania, mentre il Friuli è ricco sia di sangue sia di zinco >>. 

Si deve alla miniera se col passar degli anni la piccola comunità friulana (600 abitanti circa) s'è arricchita di sangue "foresto": calabresi, pugliesi, veneti, sardi, sloveni. A ottocento metri di altitudine, Cave del Predil è incastrata in una valle molto stretta e un po' cupa, e a nessuno verrebbe in mente di sceglierlo come luogo di villeggiatura. Dicono che sia il paese più freddo d'Italia e il vento freddo che spiffera giù dal Monte Forno (proprio così) ti sega il volto come una lama di ghiaccio. Durante la nostra visita la temperatura è di sedici gradi sotto zero, così almeno assicurano i clienti dell'osteria: ma il record sarebbe stato raggiunto nel 1985, quando scese a 35 sotto zero, un freddo siberiano. Mussolini aveva definito Cave "l'estremo lembo della Patria". Il tono è pomposo, come sempre faceva il duce, che amava la frase aulica e rotonda: ma la definizione è pertinente, perché Cave del Predil sembra proprio collocata sull'orlo del mondo.

Tutti qui ricordano quelle "settimane di passione" del febbraio '91, quando 55 minatori si barricarono nel fondo della miniera di Raibl per protestare contro la decisione di chiuderla definitivamente entro la fine di giugno. Alcuni furono costretti a risalire in superficie per le gravi condizioni di salute provocate dal freddo, dall'umido e dalla fame: ma 32 rimasero nel pozzo per 17 giorni.  <<Eravamo a 540 metri di profondità - rievoca adesso uno di loro, avvampando lingua e gola con un bicchiere di acquavite locale - nel pozzo di Clara, una spelonca di un centinaio di metri quadrati, e la temperatura era di sette gradi, ma con una percentuale di umidità del 98 per cento, che ci inzuppava le coperte. Abbiamo preso tutti l'influenza: i più malconci, con problemi di pressione, diarrea e altro, venivano costretti dal medico a risalire...Purtroppo non è servito a nulla >>.  

<< Noi donne - dice la signora Rita Canuti - siamo state a nostra volta protagoniste della lotta contro la decisione di chiudere la miniera. Le autorità apparentemente ci lodavano per il nostro impegno in difesa della comunità: in realtà ci hanno preso in giro, avevano già tutto deciso e stabilito e le loro assicurazioni erano aria fritta. Anche la stampa in tutta la vicenda è stata condizionata >>.

C'era anche un motivo ideale a spiegare la tenacia con cui il paese ha combattuto la sua lotta fino in fondo, ed è l'orgoglio che Cave del Predil ha sempre nutrito per la sua miniera. L'estrazione dello zinco e del piombo dalle viscere del monte Re sarebbe cominciata addirittura in epoca preromana, ma dai mille e più minatori d'un tempo si è scesi a 138, ai quali veniva corrisposto un salario di un milione e duecentomila lire al mese, sufficiente, pare, a far sbarcare il lunario ad altrettante famiglie. Purtroppo i costi dell'estrazione non hanno mai consentito di far quadrare i bilanci, anzi il deficit ha raggiunto negli anni livelli siderali, per cui la Sim, del gruppo Eni e che gestiva questa miniera insieme ad altre tre in Sardegna, non ha avuto alternative alla chiusura. Però si è sbarazzata subdolamente del problema, ponendolo nelle mani dell'Ente locale, che ha dovuto fronteggiare l'ira della comunità friulana. << Vede - interviene uno dei tanti disoccupati, alzando gli occhi dalle carte, con un sorriso ironico - alla stazione di posta di Buchal si dice che nei registri vi sia la firma di Napoleone che sarebbe transitato nella zona in una delle sue campagne...ora, io non so se sia vero o una gran balla. Però sappiamo tutti che Cave del Predil non l'hanno distrutta le guerre, né quelle napoleoniche né quelle mondiali. La nostra piccola comunità è stata demolita in quei diciassette giorni del febbraio '91 >>. 

Cave era stato definito "un buco pieno di soldi" e qualcuno rievoca adesso, forse con l'aiuto della fantasia, i giorni felici quando c'erano feste, veglioni, colossali bevute di Tocai e di grappa nei due bar-osterie del paese, le sfilate folcloristiche dei bambini nei costumi locali, la banda, i cori...Ora il cinematografo non è più agibile, manca il riscaldamento, il campanile della vecchia e bella chiesa di Sant'Anna, in stile prussiano, sembra stia per cadere da un momento all'altro. Si minaccia la chiusura della scuola elementare e dell'asilo per mancanza di alunni,anche se fino all'inizio degli anni Ottanta c'era pure la scuola media.

Situazione totalmente diversa, invece, a Fusine, 325 abitanti, stessa valle, stesse montagne, stesso gelo siberiano: qui non si avverte la morsa stritolatrice della miseria, perché la grande acciaieria Weissenfelts lavora a pieno ritmo. È una delle ditte più longeve del mondo, è entrata in funzione dal 1462, trent'anni prima della scoperta dell'America. Ora produce catene per macchine e sforna Catena, Link, Connessione, Metal, Acciaio, Forzaogni giorno 85 tonnellate di anelli di ferro, acciaio, ottone, rame antico. Ha fatto catene quanto basterebbe, secondo un calcolo preciso, per avvolgere (incatenare) sei volte la Terra. Dà lavoro a 530 persone, esporta i suoi prodotti in tutto il mondo, 70 miliardi (di lire) di fatturato. Questa è una miniera di denaro che non chiude, che non chiuderà mai. A un tiro di schioppo dall'Italia che non conta di Cave del Predil, eccoti un'Italia che conta, in Friuli e nel resto del mondo.

 

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