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miniera di Guia

 

 

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 I SEGRETI DI UN'ANTICA 

       MINIERA

E' quella della Guia, sulle pendici del Monte Rosa, in località Borca di Macugnaga.

 

Di Paola Pardieri, in un articolo apparso su "Tecnologia"

 
I moderni geologi dispongono di numerosi strumenti scientifici per individuare i giacimenti di metalli e di minerali e soprattutto per valutare se i depositi trovati siano abbastanza ricchi da renderne vantaggioso lo sfruttamento dal punto di vista economico. I risultati raggiunti in questo campo sono il frutto di una evoluzione tecnologica che ha avuto inizio sin da quando, come testimoniano numerose fonti storiche, gli antichi cinesi, egizi, assiri, persiani e, più tardi, gli etruschi e i romani si resero conto dell'importanza dei giacimenti minerari e metalliferi nascosti nelle viscere della Terra. Paragonato ai risultati raggiunti negli ultimi anni, il progresso tecnologico nelle epoche precedenti a noi non fu però molto veloce: basti pensare che nei secoli scorsi lo sfruttamento delle risorse minerarie avveniva con tecniche ancora piuttosto rudimentali e in condizioni assai precarie per i minatori. Una preziosa testimonianza ci è offerta in questo senso dall'antica Miniera d'Oro della Guia, sulle pendici del Monte Rosa e cui si accede da Borca di Macugnaga, in provincia di Novara. Abbiamo visitato la miniera col signor Primo Zurbriggen, che, insieme ad alcuni soci, tre anni fa l'ha trasformata in un interessante museo aperto al pubblico. Ps. La foto qui a lato, inserita dall'autore del sito, è tratta da un depliant pubblicitario al riguardo e mostra uno scorcio della miniera accuratamente attrezzata per le visite guidate (L'azienda turistica locale è inoltre aperta ai turisti tutto l'anno ed al n° 0324/65570 si possono avere ulteriori chiarimenti: questo è quel che loro stessi mi hanno comunicato nel 2006). 
Scienza & Vita: Come è stato scoperto il giacimento e quando è cominciato lo sfruttamento?
Zurbriggen: gli scavi sono iniziati nel 1710: qualcuno sul fianco della montagna aveva notato delle vene di pirite aurifera. Questo fatto indusse a supporre che le viscere del monte fossero ricche d'oro. Il punto in cui iniziare gli scavi, che coincide con l'attuale ingresso della miniera, fu scelto per via della presenza di cascatelle d'acqua che avrebbero consentito di azionare i mulini necessari per la frantumazione del materiale via via estratto. Nel Settecento non esistevano ancora le perforatrici e i compressori per cui lo scavo veniva effettuato a mano servendosi della mazzetta e del martello, gli utensili che in tutto il mondo sono il simbolo del lavoro minerario. In una giornata, suddivisa in tre turni di lavoro, i minatori avanzavano nella roccia di circa 40-50 centimetri. Può sembrare poco, ma bisogna tenere conto che, visto che la galleria di accesso era molto stretta e bassa, non potevano lavorare più di due alla volta.
Scienza & Vita: Com'è strutturata la miniera?
Zurbriggen: Parte del giacimento si trova nella zona sottostante il vicino Lago delle fate. Lo sviluppo complessivo delle gallerie è di circa 10-11 chilometri, di cui 1,5 visitabili dal pubblico. La galleria centrale, che giace a 120 metri sotto il livello del bacino lacustre, serviva solo come via di passaggio per raggiungere le vene di pirite aurifera poste trasversalmente rispetto ad essa. Quando i minatori incrociavano una vena cominciavano a scavare dal basso verso l'alto servendosi dello scalpello e della mazzetta. In questo modo venivano creati i cosiddetti camini o fornelli, cioè le gallerie verticali visibili ancora oggi attraverso cui veniva fatto scivolare verso il basso il materiale aurifero via via estratto. In fondo ai camini erano sistemate delle rotaie e dei vagoncini di legno per mezzo dei quali i pezzi di roccia venivano portati fuori. Per rendere più agevole il trasporto, la galleria centrale era leggermente in discesa verso l'esterno. L'inclinazione consentiva inoltre di eliminare l'acqua che spesso si formava durante gli scavi.
Scienza & Vita:come avveniva a quei tempi la lavorazione del materiale estratto?
Zurbriggen: In primo luogo veniva selezionato dalle cosiddette cernitrici, donne in genere nubili che lavoravano in miniera per mettere da parte i soldi per la dote. La pirite aurifera scelta veniva quindi leggermente frantumata con la mazzetta e posta in un mulino: si aggiungeva quindi un po' d'acqua e si lasciava macinare il composto per circa due ore. Poi si aggiungeva del Mercurio che, essendo molto pesante, andava a depositarsi sul fondo del mulino. Anche l'oro, che ha un peso maggiore del materiale roccioso, precipitava verso il basso e mescolandosi col mercurio formava la cosiddetta amalgama. L'operazione di frantumazione doveva continuare per almeno altre otto ore prima di procedere al lavaggio che serviva ad eliminare il fango e i detriti eventualmente presenti. Terminato il lavaggio, sul fondo del mulino rimaneva solo l'oro mescolato al mercurio. Il composto veniva allora versato in pelli di capra o camoscio che hanno la caratteristica di essere molto resistenti. Strizzando le pelli, esse fungevano da filtro: il mercurio usciva dai pori e nelle pelle rimaneva l'oro che in questa fase non aveva ancora l'aspetto che ci è familiare a causa della presenza dei residui di mercurio. Quest'ultimo veniva eliminato definitivamente solo con la fusione in un crogiolo. Questa era una fase molto pericolosa perchè bisognava stare attenti a non respirare i vapori mortali del mercurio, che evapora a circa 300°gradi. Quando la temperatura raggiungeva circa 1000°gradi si otteneva finalmente l'oro puro.
Scienza & Vita: In un punto della miniera ci sono dei fori nella roccia. A che cosa servivano?
Zurbriggen: E' uno schema che mostra come veniva fatta saltare la roccia con la polvere nera, un esplosivo che in questa miniera cominciò ad essere utilizzato solo nell' Ottocento (fu usata, per la prima volta come mezzo di abbattimento, nel 1627 dal minatore Caspar Weindle, in Ungheria; ndr). Per scavare tutti i fori ci volevano circa 24 ore. La disposizione era circolare: i quattro buchi centrali, che venivano fatti esplodere per primi, non sono diritti, ma convergono verso il centro. Ai fori esterni al cerchio veniva dato fuoco qualche secondo più tardi regolando la lunghezza delle micce. Quelli collocati in basso venivano caricati maggiormente di polvere nera in modo che la caduta del materiale avvenisse all'indietro e non verso la parte in cui s'intendeva scavare la nuova galleria.
Scienza & Vita: Cosa usavano i minatori nel Settecento per vederci al buio?
Zurbriggen: Dentro alla miniera ho raccolto i lumini a olio utilizzati per illuminare le gallerie prima che fossero scoperti l'acetilene o il carburo. I minatori, che dovevano avere le mani libere mentre salivano o scendevano le scale poste nei camini che collegavano i vari livelli, indossavano dei cappelli dotati di candela.
Scienza & Vita: Quanto oro veniva estratto nel periodo di attività della miniera?
Zurbriggen: Quando già su usavano le perforatrici si ricavavano dai 15 ai 18 chili d'oro all'anno impiegando una cinquantina di minatori. Il quantitativo estratto nel Settecento era nettamente inferiore.
Scienza & Vita: Quanto durava la vita lavorativa di un minatore?
Zurbriggen: Cominciavano a 14 o 15 anni e dopo vent'anni al massimo dovevano smettere perchè la loro salute diventava assai precaria, non solo a causa del lavoro massacrante, ma anche per via della tremenda umidità che c'è dentro alla miniera. La situazione peggiorò con l'invenzione della perforatrice: la fatica fisica diminuì, ma i minatori cominciarono ad ammalarsi di Silicosi a causa delle enormi quantità di polvere di roccia creata dal nuovo mezzo meccanico.

Scienza & Vita: Perchè la miniera dal 1945 non viene più sfruttata?

Zurbriggen: Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non dipende dal fatto che le vene siano esaurite. Semplicemente, la mano d'opera costa troppo e quindi lo sfruttamento della miniera non è più vantaggioso dal punto di vista economico.

 

 

Ps. Il sig. Zurbriggen è entrato in pensione nei primi anni del 2000.

 

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