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Bed rock e Placers: loro caratteristiche in generale, anche con altri Paesi presi ad esempio, per ben chiarire cosa siano. Bed rock (traducibile in roccia madre della Terra) e Placers (cioè i terrazzi auriferi o terrazzi alluvionali) sono forse due termini un po' altisonanti ed enfatici, ma ne hanno ben diritto, perché riguardano tutta la faccenda dell'oro che si è depositato in forma alluvionale (il medesimo che noi cerchiamo presso i fiumi) o comunque trovabile "in natura, secondo natura, e con quali criteri detta natura abbia scelto di distribuirlo nel suolo, strato per strato, in forma di giacimenti secondari, quindi non più compreso nei filoni e in ogni caso all'esterno di miniere ecc.

Si tratta di due argomenti affascinanti sia a livello di studio sia perché determinano quel che troviamo noi stessi, anche se purtroppo va detto che in Italia, soprattutto per quanto concerne la ricerca amatoriale, nel caso del Bed rock, ben raramente siamo in grado d'interagire (quindi ne riporto a fondo pag. solo alcune note descrittive e semmai ne parlerò più avanti),  mentre per quanto riguarda i Terrazzi auriferi tutto quel che possiamo fare (o meglio, ci conviene) è l'individuare ed agire presso fiumi e loro specifici punti nei quali i medesimi "intaccano" appunto i terrazzi che a seconda dei posti sono più o meno auriferi (cosa quindi direttamente proporzionale alle nostre possibilità di trovarvi oro.

Per capirci, potremmo pure scavare in verticale nei terreni che riteniamo validi, per portare alla luce le varie stratificazioni con relativi terrazzi, ma sarebbe un lavoro assai gravoso e, soprattutto, non vi troveremmo nulla (o solo sporadiche tracce) perché in quell'ambito l'oro vi è distribuito in misura irrisoria rispetto all'enorme quantità di materiale sterile che lo contiene e che saremmo ugualmente obbligati a lavare; agendo sui fiumi, invece, ci penserà la corrente di quest'ultimo a concentrarcelo nelle Punte.

 

I Terrazzi auriferi (Placers).

 

 

DIMENSIONI DEI TERRAZZI. Se le dimensioni degli strati terrazzati, quanto ad estensione, variano enormemente tra loro, pur mantenendosi nell'ordine massimo di pochi chilometri, lo spessore è invece contenuto in pochi decimetri, qualche metro al massimo. Esso può trovarsi fresco e pulito, quando abbandonato da poco o ancora saltuariamente invaso dal corso d’acqua in piena, oppure essere ricoperto da un suolo di alterazione più o meno spesso se sottratto da lungo tempo all’azione dello stesso corso d’acqua, abbassatosi per erosione dell'alveo. Questo quando si tratti di un deposito alluvionale singolo, prodotto da un costante regime idrologico. In genere, però, dato il mutevole regime delle acque, a periodi di trasporto violento seguono e/o si alternano bassa velocità e capacità di trasporto, per cui il deposito grossolano viene ricoperto da sedimenti più fini costituiti da ghiaie, sabbie e limi in proporzioni molto variabili, che vanno a formare strati a granulometria medio-fine, più o meno spessi, tra i quali possono ancora inserirsi saltuari strati grossolani, il tutto con potenze complessive che possono arrivare ad alcune diecine di metri.
Più potenti e continui sono i depositi terrazzati che si formano a spese dei sedimenti morenici, specie allo sbocco in pianura, dove possono aversi terrazzamenti a più gradini legati a diversi episodi glaciali e fluvioglaciali. Lo strato grossolano di base, in questo caso, si forma per prolungato rimaneggiamento del deposito morenico e di allontanamento dei materiali più fini e leggeri, con una conseguente concentrazione dell'oro detritico eventualmente contenuto, il quale può avere dimensioni (e pesi) veramente ragguardevoli. Il ghiacciaio in movimento, infatti, trascina tutti i materiali detritici che incontra sul suo cammino e consente il trasporto, sul suo fronte, di masse d’oro resistenti a trasporti in torbida fluviale, anche molto violenti. E' ovvio che la presenza di tali masse d’oro, disperse in milioni e milioni di metri cubi di detriti eterogenei costituenti i depositi morenici, è quanto mai saltuaria e irregolare, impossibile da localizzare.
Il rimaneggiamento da parte dei corsi d’acqua fluvioglaciali comporta una notevole diminuzione del volume, una stratificazione più o meno accentuata, con arrotondamento dei clasti (frammenti detritici) e un arricchimento dei ciottoli più grossi e dei minerali pesanti da essi intrappolati, a spese dei materiali più fini e leggeri, trascinati via. Successive variazioni di regime glaciale e idrologico portano alla deposizione, sullo strato grossolano, di sedimenti generalmente più fini, con possibile, saltuario deposito di altri strati grossolani, il tutto in successioni che possono superare i 100 metri.
Negli strati grossolani, la quasi totalità dell’oro è presente sotto forma di granuli e pepite, in poche e limitate "sacche" (pay streaks) che sono al contatto con la roccia madre (bed rock), sacche che rappresentano zone di

arricchimento sul fondo di un antico alveo. In molti casi queste sacche presentano un significativo arricchimento di ciottoli di quarzo, in altri possono poggiare direttamente su filoni auriferi, la cui alterazione liberò, nel tempo, discrete masse di oro con quarzo. L’oro più minuto, in polvere e sottili scagliette, è distribuito più uniformemente e, in genere, è attaccato ai ciottoli assieme ad argilla; esso ha scarsa importanza pratica, sia perché il peso totale è poco consistente, sia perché è difficile da recuperare. Lo stesso vale per quello eventualmente presente nei livelli sabbioso - ghiaiosi che ricoprono gli strati grossolani, nei quali può raggiungere contenuti di alcuni decimi di grammo per metro cubo di sedimento nelle zone di maggior concentrazione; localmente si possono avere moderati arricchimenti anche nel suolo di copertura vegetale, questo per concentrazione residuale e per aggregazione elettrolitica delle particelle di metallo contenuto.

 

IL LORO ORO IN GENERALE. L’oro che contengono può essere in forma e dimensioni diverse, da semplice polvere a scagliette di diametro vario, ma difficilmente superiore al centimetro, a granuli di varia forma, spessore e dimensione. Polvere e scagliette rappresentano, quasi sempre, la maggior parte quanto a numero di presenze e sono distribuite in modo abbastanza omogeneo all’interno del sedimento ma, dato il loro estremo appiattimento, il loro peso totale è sempre più o meno trascurabile rispetto a quello di granuli e pepite, presenti però solo localmente (vi ricordo che qui non ci si riferisce alle Punte dei fiumi, ma all'oro distribuito in tutto il terreno). Nonostante l’alta densità dell'Oro "naturale" (da 16 a 19, a seconda della purezza), l’estremo appiattimento delle scagliette, cagionato alla nota malleabilità del metallo, fa sì che anche le scaglie più grosse e più spesse, oltre che più rare, difficilmente raggiungano il grammo; il peso di quelle più piccole e abbondanti, può variare da meno di un milligrammo a qualche centigrammo, per cui occorrono migliaia di esemplari per raggiungere il grammo o centinaia nei casi più fortunati. Per quanto riguarda la polvere, possono volerci centinaia di migliaia di singoli elementi, per arrivare al grammo: non bisogna però lasciarsi "intimorire" da queste cifre, perché durante una sola giornata di ricerca sui fiumi o torrenti, in effetti è possibilissimo trovare un grammo (o più) d'oro. Le pepite possono invece senz'altro raggiungere, singolarmente, ragguardevoli pesi assoluti: granuli di un solo centimetro di diametro possono arrivare a pesare una diecina di grammi e più; pepite più grosse possono superare i dieci centimetri di massimo allungamento e il chilo di peso, ma queste sono, ovviamente, molto rare.


PUREZZA DELL'ORO E QUANTITA'. Il titolo dell’oro è piuttosto vario da un Terrazzo all’altro e localmente cambia anche nell’ambito dello stesso deposito, cosa che dipende dal deposito primario da cui proviene, dalla granulometria del singolo campione, dal periodo delle sua immersione nell'acqua e dall’acidità di quest'ultima: quello primario può avere purezza variabile dal 75 a più del 90%, ma la purezza aumenta, in immersione, per soluzione dell’argento e del rame contenuti in lega (o meglio, per idrolisi dei loro prodotti di ossidazione). Il fenomeno è tanto più sviluppato quanto maggiori sono il tempo d’immersione, l’appiattimento delle scaglie e, quindi, la loro superficie esposta: le scagliette più piccole e sottili possono così raggiungere contenuti in oro dal 95 a più del 99%, indipendentemente dal titolo iniziale. Per le pepite, specie quelle più arrotondate, l’idrolisi riguarda soltanto le parti superficiali, che per conseguenza possono dunque essere notevolmente più pure del loro nucleo.

Quanto al tenore "quantitativo" medio degli strati auriferi, anche volendo riferirsi ad un singolo terrazzo, da vari studiosi è riconosciuta l’estrema difficoltà, se non l’impossibilità, di determinarlo e avvertono che in ogni caso le indagini andrebbero fatte con il lavaggio di campioni significativi di grandi dimensioni, dell’ordine di tonnellate, perché altrimenti si otterrebbero risultati del del tutto inaffidabili e fuorvianti: ad es. quelle eseguite nell'anno 1850 da Viadera al Cerro de Valdelera portarono al riconoscimento di strati con tenori medi di mezzo grammo a tonnellata, mentre ulteriori analisi, ma più sviluppate e potenti, diedero tenori medi di un decimo di grammo, alternati a livelli del tutto sterili.
Considerando quanto sopraddetto, la valutazione preliminare del tenore d’oro in uno strato aurifero grossolano è pressoché impossibile, anche quando vengano analizzati numerosi campioni di grosse dimensioni (più metri cubi); questi possono risultare del tutto sterili o contenere pochi decimi di grammo d’oro quando non prelevati nelle zone ricche, mentre nel fortuito caso di prelievo in una di queste, il contenuto può risultare di centinaia di grammi o chili, e talora è dato da una sola, accidentale, pepita che "sfalsa" il reale valore medio dell'insieme. 
L’imprevedibile presenza dell’oro in questo tipo di giacimento fu già testimoniata da Plinio (procuratore romano nella penisola iberica) con rara efficacia: dopo aver parlato delle "opere da giganti" necessarie per la preparazione del terreno da lavare e della soddisfazione degli operai nell’ammirare la "ruina montium" da essi provocata, l’autore latino aggiunge "...Tuttavia non c ’è ancora oro, né sapevano se ce n ’era quando scavavano. Nel mettersi a tanto lavoro e tanti pericoli bastò la speranza di trovare quello che cercavano ...". Lo stesso autore aggiuge, però, che nei canali di lavaggio e nei pozzi si trovava oro in masse anche eccedenti le 10 libbre (Kg 3,270) e che ogni anno Asturia, Galizia e Lusitania producevano circa 20.000 libbre di oro (6,5 Ton.), per la maggior parte provenienti dalla prima regione citata.

 

 

IL Bed rock (breve descrizione, la Spagna presa ad es.)

 

Il Bed rok è la la roccia madre della Terra, più in basso della quale naturalmente non può depositarsi alcunché come altrettanto ovviamente al di sopra di essa vi ci si deposita tutto, compresi i vari strati più o meno auriferi (terrazzi auriferi).
La presenza di pepite d'oro trovate negli strati auriferi grossolani del nord - ovest della Spagna, lungo i due versanti della Cordigliera del Teleno (alti bacini del Rio Sil e del Rio Duema) è testimoniata anche da autori moderni che ne citano, oltre a quelle più comuni di 2-3 grammi ed altri non rari esemplari di 30 - 60 grammi, una di 436 e un'altra di 1617 grammi. Anche lo studioso Soler, nel 1883 ne segnala con pesi che variano da 113 a 1120 grammi. Tutti gli studiosi in generis osservano che gli strati più ricchi sono quelli che si trovano alla base delle sequenze alluvionali, cioè posti subito sopra alla roccia di base (bed rock) e sono costituiti da un conglomerato a grossi ciottoli arrotondati, con prevalenza di quarziti e quarzo cementati da argilla ferruginosa "rossa".

Nel caso della Spagna, la provenienza di quest'oro è da ricercarsi nei filoni di quarzo aurifero incassati in quarziti e scisti paleozoici del Teleno, nel distretto di Salas, in particolare nei micascisti ferruginosi: nel suolo di alterazione di alcuni filoni, presso Navelgas, furono trovate diverse masse d’oro sciolte, con peso variabile da pochi grammi a più di 1,5 Kg.
Negli anni 1885-87 le valli del Sil e del Duerna furono oggetto di accurate ricerche da parte della compagnia mineraria inglese Rio Sil and Leon Mining, che evidenziò la presenza di due livelli grossolani auriferi separati da uno strato sterile e coperti da una successione di sedimenti poveri con spessore variabile da una diecina a oltre 50 metri: lo strato più profondo, poggiante sul bed rock, aveva spessore variabile da 2 a 3 metri e mezzo e conteneva oro grossolano. I lavaggi al piatto (pan, batea) di numerosi prelievi con pozzi da questo strato, diedero contenuti d’oro variabili da 2 a circa 5 scellini per tonnellata e nei campioni furono trovati una pepita di circa 2 grammi e una massa d’oro con quarzo di circa 50 grammi.
NOTA. La zona del Rio Duerna è stata oggetto di una tesi di dottorato in geomorfologia nel 1976 presso l’Università francese Toulouse - Le Mirail, riassunta in una pubblicazione del 1978 e interamente pubblicata più tardi (Herail, 1984) evidentemente a seguito del nuovo interesse per l’oro dato dall’enorme aumento del suo valore. In essa, sulla base delle analisi di un limitato numero di piccoli campioni, si giunge all’incredibile (e a dir poco, errata) conclusione che "... non c'è alcuna relazione fra il tenore d'oro e la granulometria del sedimento ..." e che "... lo strato grossolano di base contiene soltanto lo stesso tipo di oro (minute e sottili scagliette) e nelle stesse quantità (pochi decimi di grammo per metro cubo) degli strati superiori a granulometria fine ...": i campioni, raccolti e setacciati preventivamente in campagna erano stati trattati in laboratorio con liquidi pesanti, cosa che aveva consentito di recuperare le inconsistenti scagliette d’oro (paillettes) in essi contenuti. Quanto alle inconfutabili precedenti segnalazioni storiche del ritrovamento di pepite e di zone ad alto tenore nello strato grossolano, esse vengono qui liquidate come "fantasticherie".
Questi "risultati" accademici, contrastanti sia con l’esperienza comune (per'altro dimostrabile) sia con innumerevoli pubblicazioni specifiche, avranno deleterie conseguenze per i successivi studi archeologici e interpretativi delle aurifodine spagnole e si rifletteranno, in qualche modo, anche negli studi riguardanti l'italiana Bessa.

 

 

In sostanza, in specifiche località riconosciute aurifere, riuscire ad agire sul Bed rock (cioè su ciò che si è depositato sulla roccia madre) offrirebbe la possibilità o speranza di ritrovamenti particolarmente meritevoli, ma come già immaginerete, nel nostro caso sono ben pochi i posti in cui possiamo agire al merito, se non provando a scavare ad esempio nel letto di stretti torrentelli asciutti (e anche qui, tranne qualche eccezione ... la vedo dura). Detto questo, rimane comunque alla nostra portata lo sfruttamento degli strati auriferi posti più in superficie, cioè dei terrazzi auriferi che i fiumi erodono permettendoci di trovare, presso le punte, il classico oro alluvionale: per non parlare infine del fatto che la famosa Welcome Stranger (vedi foto) fu trovata a soli 3cm. di profondità, a fianco della base di un albero, cosa che in fin dei conti dimostra, non che sia tutto relativo (ci mancherebbe), ma che non di rado i consueti metodi di ricerca in uso bisogna affinarli, adeguarli e talvolta anche modificarli drasticamente a seconda della zona nella quale si agisce.

 

Pagina realizzata sia riportando tali e quali alcuni paragrafi del libro di cui la foto (vedine i dettagli), sia riassumendo altri del medesimo, sia ancora aggiungendo del mio testo per ottenere infine quel che desideravo.

 

 

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