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Rabdomanzia oro

 

 

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Pagina fatta con Gianfranco Lenti

 

 
 
 

Schizzo delle bacchette (una delle due) utilizzate dai rabdomanti della Tanzania per cercare oro: erano forse in lega, forse in metallo, dal colore dell'Ottone.

Qui a seguire invece, alcune delle note descrittive che mi furono inviate insieme allo schizzo: <<... si tengono per la parte corta, all'altezza dello stomaco, i pugni a 3 cm circa fra loro, e si cammina: le mie si divaricavano fino ad avere la parte lunga quasi parallela al terreno non appena cominciava la vena, mentre alla fine della stessa tornavano verticali.

Quello era il segnale ed assicuro che ho provato e riprovato, verificando poi col GPS la ripetitività delle posizioni indicate !

Ad ogni modo, le vene che ho individuato io erano costituite da affioramenti di quarzite (coperti da circa 30-50 cm si terra) larghe circa 5 metri (6 - 8 passi) e disposte su linee parallele come i denti di un pettine. Tali "denti", cioè le vene, misuravano in lunghezza da 80 m fino a 180 m circa...>>

                                                                                                 
 

Zapp.G,ed alcune riflessioni al merito:

la rabdomanzia, che ha origini assai remote, vide il suo maggior uso ed affermazione soprattutto nel periodo del medioevo, con lo scopo di trovare acqua (sorgenti, infiltrazioni sotterranee ecc.), ma anche metalli ed altro. A quei tempi era sostanzialmente considerata arte magica perché non si sapeva dare (ed in una certa qual misura nemmeno oggi) giustificazione scientifica del suo funzionamento.

Per quel poco che ne ho sentito dire, pare comunque che l'arte del rabdomante non sarebbe per così dire "dono di tutti": taluni lo posseggono ed altri no, nel senso che detta pratica funzionerebbe con alcuni individui, ma non con tutti (e questa sarebbe una questione tutta da capire e che probabilmente risolverebbe l'intero arcano).

Per un minimo d'informazione pur qui da me (z.g.) ridotta all' essenziale, va però detto che al giorno d'oggi sussitono due "scuole di pensiero" al merito e cioè  una (conservatrice) che appoggia a pieno titolo la veridicità del contesto, ed un'altra che basandosi su dimostrazioni pratiche richieste ai rabdomanti (comparandone poi i risultati con grafici sulle cosiddette statistiche della casualità) è invece giunta ad opposta conclusione. 

Comunque stiano le cose, esistono vari libri anche recenti su questo argomento che non è certo di mia competenza, però, riferendomi all'esperienza vissuta e descritta da Gianfranco, racconto di cui non ho motivo per dubitare ed anzi qui lo ringrazio per avercene resi partecipi, una cosa la voglio dire: se ci si mette insomma nei suoi panni, il razionale scetticismo iniziale diventa a dir poco difficile conservarlo dopo averne "tastato" l'efficacia ... (cosa che sostanzialmente dice infatti anche lui stesso).

 

 

 

 

 

 

 

 

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