Sito di Zappetta Gialla sull'Oro.

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Come era una volta

 

 

pubblicazione di Miniere d'Oro(2003) web.tiscali.it/minieredoro(2004) www.minieredoro(2006 / 2023)

 

 

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Elaborazioni ed estratti autorizzati di testi del dott. Pipino, con eventuali note aggiunte di Z.G: per approfondimenti più colti consiglio senz'altro l'Originale.

 

IL VALORE ECONOMICO. L'aumento del prezzo dell'oro, iniziato a metà degli anni '30 e poi notevolmente incrementato durante la seconda guerra mondiale, fece proliferare l'attività di raccolta in tutti i nostri fiumi auriferi, con particolare attenzione rivolta al Ticino. Nel 1939 infatti, nonostante già vigessero le regolamentazioni di ricerca (denominate "Bicchieri"), erano comunque attivi almeno un centinaio di cercatori d'oro (che oggi definiremmo amatoriali se non fosse che in realtà a quei tempi, in determinate zone, molte persone "spadellavano per vivere"): in quell'anno il valore dell'oro in Italia corrispondeva a circa 21 lire per grammo e nel corso dell' imminente guerra diventò possibile venderlo anche a mille lire il grammo, mentre la paga di un operaio raggiungeva appena le 100 lire al giorno. In pratica, in tale contesto anche il cercatore meno "fortunato" poteva guadagnarsi la giornata trovando pochi decimi di grammo d'oro.

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Finita la guerra, l'oro si stabilizzò ad un valore di 600/700 lire per grammo e la paga giornaliera operaia arrivò a quasi di trecento lire: la situazione era dunque assai cambiata, ma a conti fatti la ricerca individuale dell'oro rimaneva pur sempre abbastanza conveniente. Questo fattore determinò comunque un netto calo numerico di interessati, calo diverrà sempre più significativo col passar degli anni perché se la ripresa economica portò in breve gli stipendi a cifre ancor più meritevoli, il valore dell'oro tendeva però a discostarsi di poco dai valori sopra menzionati.

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Alcuni vecchi cercatori continuarono comunque l'attività fino alla fine degli anni '50, alternandola con la cura dei campi ed integrandola talora con la raccolta dei cosiddetti sassi bianchi, cioè comuni ciottoli di quarzo, dei quali vi era ancora una discreta richiesta. Grazie a quest'ultimo ciclo di cercatori è stato possibile raccogliere e tramandare precise informazioni sulle tecniche di raccolta e sugli strumenti utilizzati nel recente passato, tecniche e strumenti che risentono di personalizzazioni e differenze locali dovute alle caratteristiche fluviali ed anche da apporti conoscitivi esterni. Alcuni di questi strumenti sono oggigiorno conservati nel Museo Storico dell'Oro Italiano. Sempre  negli anni '50, alcuni curiosi attratti da trafiletti giornalistici e da riviste con articoli che parlavano dei Cercatori d'Oro, cominciarono a frequentare il fiume  e a cimentarsi nella raccolta amatoriale utilizzando dapprima gli antichi strumenti locali per poi sperimentarne altri nuovi: a tal proposito va senz'altro segnalato il nome di Guido Varini il quale negli anni '60 trascorreva le vacanze ad Oleggio e v'introdusse l'uso dello zerbino di cocco, che è l'antenato dell' odierno apprezzatissimo tappetino.

Arrivando agli anni '70, interessi e curiosità erano andate però via via scemando e la ricerca amatoriale era esercitata solo più da pochissime persone, in particolare da una decina di appassionati appartenenti quasi tutti al Gruppo Mineralogico Lombardo, finché un'ingegnosa iniziativa del dott. Giuseppe Pipino, appassionato e sicuro esperto dell'argomento, fece tornare alla ribalta tutto il contesto. Egli inizio ad organizzare manifestazioni dimostrative pubbliche sulla ricerca dell'oro alluvionale, nonché, a partire dal 1981, gare di abilità che tra pubblico e concorrenti ebbero un tale successo di partecipazione da esser poi diffuse e rinnovate periodicamente sino ai giorni nostri.  Lo svolgimento di queste manifestazioni o gare determinò significativamente, ad ampio raggio, il diffondersi dell'hobby della ricerca dell'oro nel nostro paese e  da questo ne derivò, quale effetto concatenante, il nascere di numerose associazioni rivolte all'argomento. Sempre per ovvia conseguenza, anche l'affinamento della tecnica di lavaggio fece un grosso balzo in avanti, con conseguente abbandono o miglioria degli antichi strumenti finora in uso.

 

Esempio su carta millim. di oro del Ticino. (foto Giordano).

 
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STRUMENTI E METODI D'UNA VOLTA. Individuata la zona di ricerca, si provvedeva ad un assaggio del materiale lavandone un pochino con lo stesso badile di raccolta o col medesimo attrezzo (bacile, trola, basla) da usare infine per il lavaggio del concentrato  e se la zona risultava buona si procedeva al "lavaggio in grande", per il quale erano necessarie almeno 2 persone sia che si utilizzasse il banco che l'asse; nel caso si usasse quest'ultimo strumento si doveva dapprima setacciare  il materiale, operazione invece non indispensabile  col banco che, nei tempi a seguire, per vari motivi, andò via via in disuso a differenza dell'asse che è invece in uso ancora adesso nelle sue vesti modernizzate, cioè le canaline in plastica o di metallo ecc. che conosciamo bene e i cui principi di funzionamento rimangono in sostanza quelli di allora. C'erano anche la trula e il bacile (che era un suo simile anche se non identico); la trula è una lamiera di ferro lunga una quarantina di centimetri e di poco più stretta, con bordi rialzati quattro centimetri circa su tre dei lati due canali di scolo nei rispettivi angoli posteriori ed un incavo centrale, posto sullo stesso lato dei canali e che serve ad incastonare perpendicolarmente un manico (foto qui a lato). Come l'odierna batea, che a quei tempi non era ancora diffusa ovunque, la si usava per lavare facendole fare ripetitivi movimenti avanti/indietro.

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N.B. Per approfondimenti sulla struttura e sulle modalità d'uso di questi attrezzi "di una volta" si rimanda ai tasti a lato pagina.

 

 

 

 

 

 

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